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15° Biennale di Architettura di Venezia | Reporting From the Front p.2 | Arsenale

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    Biennale di Architettura di Venezia 2016
    Reporting from the Front: 2° parte, mostra all’ Arsenale
    curatore: Alejandro Aravena

    Reporting from the Front: Selezione dei progetti in mostra all’Arsenale.

    Continua dalla 1°parte: Giardini

    15° Biennale di Architettura di Venezia, 2016. La mostra Reporting From the Front all’Arsenale © Inexhibit, 2016. Viste dell’installazione nella sala d’ingresso alle Corderie

    Anche all’Arsenale, come nel caso del Padiglione Centrale ai Giardini, Aravena ha utilizzato i materiali recuperati dall’allestimento della precedente Biennale d’ Arte per realizzare la grande installazione all’ ingresso, formata da centinaia di profili in acciaio appesi al soffitto e da frammenti di cartongesso per il rivestimento delle pareti.

    In particolare, una delle pareti espone gli schemi concettuali che i progettisti invitati hanno sviluppato per gli spazi a loro riservati, mentre sulle sporgenze create dalla sovrapposizione delle lastre in cartongesso sono state posizionate alcune piccole postazioni digitali che rimandano le fasi della preparazione della mostra.


    Rural Urban Framework + The University of Hong Kong

    L’installazione di Rural Urban Framework. Foto © Inexhibit, 2016

    Il governo cinese ha previsto che, entro il 2030, metà degli abitanti attualmente presenti nelle zone rurali del paese si trasferirà nelle nuove aree urbane. Il gruppo di progettazione Rural Urban Framework (Joshua Bolchover e John Lin) propone un progetto, sviluppato all’interno della Facoltà di Architettura dell’Università di Hong Kong, che ha come obiettivo il miglioramento della qualità abitativa di alcune zone della Mongolia ed è rivolto in particolare a coloro che decideranno di non abbandonare la campagna e di non trasferirsi nelle aree urbanizzate,


    Bernaskoni – MATREX

    MATREX di Boris Bernaskoni, Foto del modello © Inexhibit, 2016

    MATREX. Edificio polifunzionale, Skolkovo, Russia, 2014. © Boris Bernaskoni

    “Matrex” dell’architetto russo Boris Bernaskoni è un grande edificio polifunzionale che ospita residenze, imprese emergenti ed uno spazio espositivo. Alla piramide tronca che definisce il volume esterno corrisponde internamente uno spazio sviluppato in verticale il cui profilo richiama la silhouette di una Matrioska. Matrex è stato scelto come esempio di progetto, condotto da un giovane professionista, che ha conservato qualità e integrità, dalla sua concezione sino alla realizzazione.


    Marte.Marte Architects

    Marte.Marte Architects, Schanerloch Bridge, Dornbirn, Austria.Foto Marc Lins Photography

    Marte.Marte Architects. Viste dell’allestimento alle Corderie dell’Arsenale. Foto © Inexhibit, 2016

    Il lavoro dello studio austriaco marte.marte percorre una delle frontiere più insidiose della progettazione: quella delle infrastrutture. La  loro ricerca è volta a colmare lo scollamento tra la “neutralità funzionale” dell’opera e la necessità di contribuire all’ identità del paesaggio, sia che si tratti di ambienti urbani sia che si tratti di paesaggi naturali.


    BEL Sozietät für Architektur – Neubau on Königsberger Straße e Aleppoer Weg

    Neubau, viste dell’allestimento alle Corderie dell’Arsenale.Foto © Inexhibit, 2016

    BeL Sozietät für Architektur, Allotment House, Hamburg, Germania,2013, Base and Settlers © BeL

    I progetti di sviluppo urbano dello studio tedesco BEL (Anne-Julchen Bernhardt e Jörg Leeser) si basano sul concetto di urbanizzazione incrementale. Diversamente dagli esempi sviluppati in America Latina negli anni ’60, l’approccio di BEL prevede la costruzione di strutture pluripiano, costituite da pilastri e solai, che possono essere completate ed adattate in modo flessibile a schemi distributivi e culturali differenti, in relazione alle esigenze  specifiche e ai bisogni degli abitanti.


    Block Research Group, ETH Zurich – Beyond Bending

    Beyond Bending, viste dell’allestimento. Foto © Inexhibit, 2016

    Nato da una collaborazione tra il Block Research Group presso l’università ETH di Zurigo, John Ochsendorf (MIT), Matthew DeJong (University of Cambridge) Phillipe Block (ETH Zurich) ed Escobedo Group, il progetto Beyond Bending combina tecniche costruttive tradizionali con tecnologie di progettazione e fabbricazione ad alto valore tecnologico.

    Avvalendosi della progettazione computerizzata di strutture funzionanti a sola compressione, l’obiettivo è stato quello di realizzare forme tridimensionali fluide utilizzando materiali lapidei e senza l’ausilio di armature, per ottenere risparmio di risorse economiche ed un ridotto impatto ambientale. Il progetto presentato alla 15° Biennale di Venezia  è una grande volta a geometria complessa, realizzata per semplice aggregazione di sottili conci in pietra arenaria.


    Transsolar con Anja ThierfelderLightscapes. Local identity

    Lightscapes-Local Identity, viste dell’installazione. Foto © Inexhibit, 2016

    Nel lavoro dello studio internazionale di ingegneria Transsolar, la tecnologia più innovativa si combina con le conoscenze costruttive locali per sfruttare al meglio le risorse ambientali di un determinato luogo. Nel caso del progetto di Atelier Jean Nouvel per il Louvre di Abu Dhabi, lo studio ha sviluppato una soluzione per l’illuminazione naturale della piazza coperta che copre i volumi del museo. La foratura della volta permette alla luce di penetrare nella piazza e si combina con il pulviscolo atmosferico creando un effetto simile ad una “pioggia di luce”, richiamando le atmosfere dell’architettura araba.


    L’ architectura “dal fronte” dello studio Hollmén Reuter Sandman Architects

    Hollmén Reuter Sandman Architects, vista dell’allestimento all’Arsenale.Foto © Inexhibit, 2016

    Hollmén Reuter Sandman Architects, Women’s Centre Rufisque, modello in scala.Foto © Inexhibit, 2016

    Hollmén Reuter Sandman Architects, Women’s Centre, Rufisque, Senegal, 2004, © Helena Sandman.

    Il lavoro dello studio finlandese Hollmén Reuter Sandman Architects nei paesi in via di sviluppo è particolarmente interessante, oltre che per il coinvolgimento nei progetti della popolazione, anche per l’uso di materiali da costruzione e maestranze locali. Ma uno degli aspetti più rilevanti del loro approccio è il sincretismo che nasce dall’incontro fra l’applicazione di standard di qualità scandinavi e codici della cultura locale, come nel caso del Women’s Centre di Rufisque, in Senegal.


    Tadao AndoPunta della Dogana 

    Viste della mostra di Tadao Ando all’Arsenale. Foto © Inexhibit, 2016

    Punta della Dogana contemporary art center. Foto © Tadao Ando

    Il progetto di Tadao Ando per il centro d’arte contemporanea di Punta della Dogana si è confrontato con due tendenze opposte: la necessità di conservazione del patrimonio culturale esistente e la spinta all’innovazione e alla contemporaneità. Lo scontro fra queste due forze è tanto più evidente in una città fragile e preziosa come Venezia, che deve essere salvaguardata anche dalla pressione quotidiana del turismo di massa.
    La contraddizione si è evidenziata in particolare nel momento in cui Tadao Ando ha proposto la realizzazione di due colonne, mai realizzate, che dovevano essere costruite all’esterno del complesso, e che nella visione dell’architetto avrebbero rappresentato il segno della nuova epoca che stava per cominciare con il recupero della struttura.
    L’installazione dedicata al progetto di Punta della Dogana racconta questa storia, per la prima volta condivisa all’interno in una mostra.


    Kengo Kuma – La battaglia contro la banalità

    Tadao Ando Architects & Associates . Viste dell’installazione. Foto © Inexhibit, 2016

    Il contributo di Kengo Kuma alla Biennale è focalizzato su una delle sue sfide professionali, ovvero la contrapposizione ai materiali industriali anonimi. La sua indagine si esprime nella reinterpretazione in chiave contemporanea di tecniche tradizionali o anche nella “semplice” ricerca di soluzioni di dettaglio, come quella di individuare nuovi modi per connettere fra loro materiali diversi. Lo scopo è sempre quello di contrastare la tendenza alla mediocrità e alla banalità dell’industria dell’edilizia.


    The Timber Network – Il lavoro di Atelier Bow Wow in Giappone

    Atelier Bow-Wow , viste dell’installazione. Foto © Inexhibit, 2016

    In una zona rurale semi-abbandonata nei dintorni di Tokio, dove fino a qualche decennio fa era fiorente l’industria del legno, in collaborazione con una ONG Giapponese, Atelier Bow- Wow ha sviluppato il progetto “the Timber Network”.
    Il progetto ha portato alla realizzazione di un impianto per la produzione di legna da ardere, e creato al contempo un contesto di lavoro sicuro per i cittadini anziani e i disabili che vivono in quell’area, consentendo loro di ritrovare un legame con il loro territorio.

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