Video-proiezione nella sala di ingresso delle Corderie dell’Arsenale di Venezia; foto © Inexhibit
16° Biennale di Architettura di Venezia
FREESPACE – la mostra alle Corderie dell’Arsenale
La Mostra dell’Arsenale dichiara già dalla prima sala la scelta precisa delle curatrici. Due video- proiezioni sulle pareti rimandano alla natura produttiva dell’edificio, non ci sono sovrastrutture e lo spazio maestoso delle Corderie è lasciato a nudo per accogliere i contributi dei progettisti che si susseguono senza alcuna alcuna partizione. Solo una traccia grafica, segnata a terra, scandisce la lunghezza dello spazio. Sono le stesse Yvonne Farrell e Shelley McNamara a spiegare che hanno voluto: “rivelare la qualità delle Corderie, delle Artiglierie e del padiglione Centrale dei Giardini”, poiché “siamo arrivate a credere che gli edifici stessi siano diventati i primi partecipanti di FREESPACE”.
Le molteplici interpretazioni del tema “FREESPACE”, scelto per la 16° Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, sono ben rappresentate dai progetti e dalle installazioni che formano il percorso. Sebbene rappresentativi di interventi molto diversi per tipologia e scala, i contributi in mostra ruotano tutti intorno al tema della qualità dello spazio, rivelando una particolare attenzione alla natura più pubblica e libera dell’architettura; una qualità che deriva da un approccio che contempla la “generosità” come paradigma del processo di progettazione.
Ma come, e in quali modi può essere ricercata ed espressa questa ‘generosità’?
La si ritrova in progetti che offrono interpretazioni inusuali dello spazio pubblico, come nel caso di “una panca per 100 persone” di Inês Lobo Arquitectos per piazzale Marconi a Bergamo, un progetto capace di ri-articolare le relazioni all’interno del tessuto cittadino, oppure negli edifici per la collettività, come il progetto “Avasara Academy” di Case Design, nel quale le aule della scuola si dispongono intorno a generosi spazi da condividere.
La si trova anche nel progetto “Fuji Kindergarten” di Tezuka Architects, esempio di architettura capace di fondere edificio e ambiente naturale per celebrare l’energia inesauribile dei bambini, e nella bella torre di 14 piani, che ospita una scuola di medicina, progettata da Diller e Scofidio + Renfro, dove gli spazi di connessione, le gallerie vetrate e i grandi pianerottoli di uso comune formano un’ unico nastro verticale denso di spazi vivibili.
Inês Lobo Arquitectos, “una panca per 100 persone”, piazzale Marconi, Bergamo, vista dell’installazione; foto © Inexhibit
Case Design,”Avasara Academy”; vista dell’installazione; foto © Inexhibit
Tezuka Architects, “Fuji Kindergarten”, vista dell’installazione; foto © Inexhibit
Diller Scofidio + Renfro, “Roy and Diana Vagelos Education Center”, vista dell’installazione; foto © Inexhibit
Ma il concetto di FREESPACE può essere rintracciato anche in interventi che riguardano grandi insediamenti abitativi, come nel coraggioso progetto di Laura Peretti Architects per la rigenerazione degli spazi comuni del Corviale a Roma, o ancora, nei progetti che permettono di accedere a territori impervi per godere delle bellezze di paesaggio, come ha fatto Gumuchdjian Architects, che con il percorso “Transcaucasian Trail” offre un’ alternativa concreta al turismo di massa.
Laura Peretti Architects, Modello del progetto di riqualificazione del complesso abitativo del Corviale a Roma. Foto © Inexhibit
Gumuchdjian Architects, percorso “Transcaucasian Trail”, foto di uno dei modelli in mostra
foto © Inexhibit
Un panorama multiforme di progetti che include anche la reinterpretazione di edifici dismessi; come il teatro Sala Beckett a Barcellona, edificio in disuso, un tempo sede di un circolo dei lavoratori, che è stato restituito alla comunità dopo anni di abbandono dallo studio Flores & Prats. La creazione di nuovi spazi liberi è ben rappresentata dal lavoro di Rintala Eggertsson Architects, che con “Corte del Forte” ha progettato uno spazio pubblico di socializzazione che può essere usato sia dagli abitanti di Mestre che dai visitatori della Biennale.
Flores & Prats, “Sala Beckett”, Barcellona; l’installazione presenta la vasta documentazione relativa al progetto di restauro e ri-funzionalizzazione di un ex circolo dei lavoratori; foto © Inexhibit
Rintala Eggertsson Architects, Corte del Forte a Mestre, modello e video; foto © Inexhibit
Anche le installazioni – che in questo caso possiamo considerare come delle materializzazioni di riflessioni sullo spazio – esprimono differenti interpretazioni del tema. Succede con la proposta di Alison Brooks, che attraverso “Recasting” esprime una personale ricerca della bellezza e delle buone proporzioni per gli spazi abitativi, e succede con il contributo di Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa / SANAA, che rispondono in modo poetico al tema della mostra con “Guruguru”, uno spazio definito da una spirale trasparente, quasi invisibile agli occhi, che percepiamo come senza peso, leggera ed eterea, dichiarazione di un’ architettura che non vuole attirare l’attenzione su di sé.
Mi piace concludere con il proverbio greco citato da Yvonne Farrell e Shelley McNamara nel loro manifesto: “Una società cresce e progredisce quando gli anziani piantano alberi alla cui ombra sanno che non si siederanno mai”.
Alison Books Architects, “Recasting”,viste dell’installazione; foto © Inexhibit
Kazuyo Sejima + Ryue Nishizawa / SANAA, “Guruguru”, viste dell’installazione; foto © Inexhibit
Altre immagini della mostra all’Arsenale (foto © Inexhibit)
L’installazione progettata da Mario Botta e dagli studenti dell’Università di Mendrisio.
L’installazione di O’Donnell +Tuomey
Alvaro Siza, “Evasão”.
Dorte Mandrup, “Conditions”.
L’installazione di Hall McKnight
Toyo Ito, “Virtual Nature”.
L’installazione di Studio Gang con campioni della facciata in legno del Centro Arcus per la Giustizia Sociale a Kalamazoo in Michigan (USA)
Rozana Montiel, Stand Ground.
“Wall” installazione di Riccardo Blumer, Lorela Arapi, Andrea Cappellaro e Stefano Clerici
Jensen & Scodvin, Moya Spring Water Source Roof, modello.
DNA – Design and Architecture, The Songyang Story, vista dell’installazione.
Estudio Carme Pinós, modello della “Cube tower” a Zapopan in Mexico
“The Weaving Architecture” installazione di Benedetta Tagliabue – Miralles Tagliabue EMBT
Sauerbruch Hutton, Oxymoron, vista dell’installazione.