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Il Bosco Verticale di Boeri: da fenomeno ad archetipo?

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    Il complesso del Bosco Verticale a Milano visto da est dai giardini di Porta Nuova. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit

    Il Bosco Verticale di Boeri: da fenomeno ad archetipo?

    Se c’è un edificio di cui si è parlato molto in Italia negli ultimi tempi, questo è il “Bosco Verticale” di Boeri Studio (Stefano Boeri, Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra).
    Si tratta di un complesso residenziale costituito da due torri, alte 110 e 76 metri, completato nel 2014 a Milano, nella zona di Porta Nuova. L’aspetto interessante di quello che – grazie all’indiscutibile impatto visivo – è forse il più conosciuto tra i molti progetti di architettura recentemente realizzati nel capoluogo lombardo, è il fatto che questo edificio rappresenta un “progetto pilota” per una nuova generazione di edifici eco-sostenibili.

    Guardando al gran numero di articoli scritti sul “Bosco”, molti elogiativi, alcuni critici, sono rari quelli che hanno approfondito il punto nodale che sta alla base del progetto di Boeri, ovvero capire se l’idea di ibridare un edificio con il verde sia cosa sensata, dal punto di vista architettonico, urbanistico, ecologico e tecnico.
    Per fare questo bisogna però liberarsi da apologie e da polemiche, ignorare i giudizi superficialmente estetici e letture socio-economiche frettolose, entusiastiche o apocalittiche che siano. Bisogna anche dismettere i panni del critico di architettura per vestire per un po’ quelli dell’investigatore di futuri possibili sviluppi.


    L’idea
    I principi su cui si basa il progetto del Bosco Verticale sono assolutamente condivisibili. Diciamo che – dopo anni in cui le forme sembravano, se non l’unico, il principale elemento guida della progettazione architettonica – questo progetto torna a ragionare sui bisogni delle persone che vivono nelle città, sul senso dell’oggetto architettonico all’interno di una strategia urbana, e sul desiderio di innovare il linguaggio e i temi dell’architettura al di la’ del noto e dello sperimentato.
    Cominciamo dalle parole dei progettisti.

    “Il Bosco Verticale è un modello di edificio residenziale sostenibile, un progetto di riforestazione metropolitana che contribuisce alla rigenerazione dell’ambiente e alla biodiversità urbana senza espandere la città sul territorio. Si tratta di un modello di densificazione verticale della natura all’interno della città(…). In ogni Bosco Verticale è presente una quantità di alberi che occuperebbe una superficie di 20.000 mq. Il sistema vegetale del Bosco Verticale aiuta nella creazione di uno speciale microclima, produce umidità e ossigeno, assorbe particelle di CO2 e polveri sottili. (…)I diversi tipi di vegetazione creano un ambiente verticale che può anche essere colonizzato da uccelli e insetti, trasformando il Bosco Verticale in un simbolo della ricolonizzazione spontanea della città da parte di piante e animali. La realizzazione di un certo numero di Boschi Verticali in città potrà dare vita a una rete di corridoi ambientali, che animeranno l’ecosistema dei principali parchi urbani, collegando i diversi spazi di crescita della vegetazione spontanea. (…) Il Bosco Verticale è anche una misura “anti-sprawl”, che mira a controllare e ridurre l’espansione urbana. Se pensiamo a loro in termini di densificazione urbana, ogni torre del Bosco Verticale è equivalente a una zona di espansione residenziale che può misurare fino a 50.000 metri quadrati.”

    “Vaste Programme” -avrebbe detto de Gaulle- che rimodella la Ville Radieuse di Le Corbusier sui paradigmi del ventunesimo secolo. Vasto sì, ma anche plausibile? Il Bosco Verticale è davvero un modello? Si tratta del primo organismo di una nuova specie o, col tempo, si rivelerà un ramo sterile nel quadro dell’evoluzione urbana del XI secolo?

    Facciate est delle torri del Bosco Verticale. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit


    Come è fatto il Bosco Verticale
    Dal punto di vista architettonico le due torri sono piuttosto tradizionali. Gli edifici sono realizzati con una struttura in calcestruzzo armato con solette in C.A. spesse 28 cm. Le facciate, rivestite in gres porcellanato grigio scuro si caratterizzano per gli abbondanti sporti dei balconi, profondi fino a 3,35 metri che danno dinamica ai volumi.
    In totale le torri hanno una superficie di pavimento di 40,000 metri quadrati divisi tra la torre sud, anche chiamata Torre De Castillia, e quella ovest, la Torre Confalonieri. Appartamenti e finiture sono di livello, e costo, notoriamente elevato. Ben fatto e ben progettato, nel tipico stile pratico e asciutto della scuola milanese ma nulla di rivoluzionario, di per sé.
    E’ però il sistema del verde quello che rende i due edifici davvero interessanti, dal punto di vista architettonico, da quello concettuale e da quello tecnico, il resto conta relativamente.

    In dettaglio, le terrazze ospitano un apparato vegetale composto da oltre cento specie.
    800 alberi di altezza compresa tra 3 e 9 metri; le essenze sono differenziate a seconda dell’esposizione e comprendono lecci (Quercus Ilex), roverelle (Quercus pubescens), koelreuterie (Koelreuteria paniculata), peri selvatici (Pyrus pyraster), orni (Fraxinus ornus), faggi (Fagus sylvatica), meli (Malus x ‘Red Jewel’), pruni da fiore (Prunus subhirtella), olivi (Olea europaea sylvestris), noccioli turchi (Corylus colurna) e parrotie (Parrotia persica), per citare solo alcune delle molte specie utilizzate. 4500 gli arbusti, tra cui noccioli, corbezzoli, biancospini, ginestre, iperici, salici rossi, e gelsomini; circa 15,000 le piante ornamentali.

    Il verde è posizionato in base all’esposizione e alle esigenze di ombreggiatura degli appartamenti, oltre che secondo criteri estetici. La vegetazione è stata messa a dimora all’interno di vasche in calcestruzzo con dimensione differenziata a seconda della tipologia: gli alberi sono piantati in un substrato di coltivazione di un metro di spessore mentre gli arbusti in uno di circa 50 centimetri. Tra il rivestimento interno impermeabilizzante delle vasche e lo strato di coltivo è collocato un sistema antiradice e di drenaggio con strati in polietilene e geotessuto.

    Il primo problema tecnico che si è dovuto affrontare è stato quello dei carichi statici e dinamici indotti dalle piante e dall’effetto del vento sulle stesse. E’ stato necessario simularne il comportamento in galleria del vento e adottare una serie di accorgimenti, tra cui ancoraggi in acciaio e un sistema di cavi di sicurezza che ancorano gli alberi e trattengono eventuali rami che si dovessero staccare con il rischio di precipitare dai piani alti delle torri.

    Ai comprensibili problemi di irrigazione e manutenzione i progettisti hanno risposto con una serie di soluzioni piuttosto ingegnose. L’irrigazione delle piante avviene attraverso un complesso sistema centralizzato con distribuzione ad ala gocciolante, diviso in “settori”, che ricicla le acque grigie del complesso e l’acqua di falda utilizzata dal sistema di raffrescamento / riscaldamento a pompe di calore geotermiche. La manutenzione è invece “facilitata” dalle gru, visibili in cima alle torri, che servono al personale per intervenire dall’esterno sulla vegetazione; da questo punto di vista va sottolineato che la manutenzione è gestita a livello condominiale e non affidata ai singoli inquilini.

    Le torri del Bosco Verticale di Milano viste da sud. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit

    Le oltre 100 specie vegetali del Bosco Verticale sono state installate e posizionate in base alla loro esposizione sulle facciate e all’aspetto nelle diverse stagioni dell’anno. Immagine Boeri Studio.

    Schema del posizionamento delle piante e del sistema di irrigazione della torre ovest e studio dell’effetto della vegetazione su ombreggiatura e ventilazione degli appartamenti del Bosco Verticale. Immagini  Boeri Studio.


    Quanto è replicabile il modello del Bosco di Milano?
    Stiamo parlando di un progetto che difficilmente lascia indifferenti e che i suoi progettisti ritengono il primo esempio di un modello capace di cambiare la forma delle nostre città e il modo in cui viviamo.
    Se il Bosco Verticale di Milano, che sta peraltro per essere replicato in altre città in Europa e Asia, diventerà davvero un archetipo dipende da alcuni elementi.

    Il verde del “bosco” non va considerato come sostitutivo ma come complementare rispetto al verde pubblico. Questo perché sia le caratteristiche morfologiche che i costi di installazione e manutenzione del verde verticale sono per ora sicuramente sfavorevoli rispetto alle aree verdi “tradizionali”, ovvero piantate in piena terra e comprendenti anche alberi di alto fusto.
    Una strategia urbana coerente dovrebbe quindi facilitare le soluzioni di riforestazione urbana verticale rispetto all’edilizia tradizionale, ad esempio con vantaggi fiscali, ma solo in subordine alla creazione e alla disponibilità di spazi verdi pubblici e di orti urbani in piena terra accessibili alla cittadinanza nel suo complesso.

    La scelta delle specie arboree, che sono ciò che differenzia il Bosco Verticale da un comune verde di balcone o di facciata, va studiata e raffinata esaminando il comportamento delle piante sul lungo periodo e capendo quali specie sono più adatte nelle varie condizioni di installazione. Le specie devono essere di tipo decorativo o si possono includere piante edibili e orti pensili? Le piante vengono attualmente fatte crescere in vivaio e poi trasferite sulle facciate, qual è la durata e lo sviluppo della vegetazione di medio fusto in un ambiente tanto “artificiale”. Per ora è un presto per trarre conclusioni.

    Si deve capire meglio gestione e strategia di manutenzione delle piante. A chi spetta? Al condominio nel suo complesso? Ai singoli condomini? Agli enti locali? Questo dipende anche da chi è il proprietario del “bosco”. A Milano il verde è condominiale, il che implica sicurezza di manutenzione e correttezza delle specie usate ma anche costi assai elevati a carico dei singoli proprietari. E’ questa la strategia migliore?

    I maggiori costi di realizzazione e manutenzione sono compensati dai vantaggi energetici e sull’ambiente urbano che il bosco verticale restituisce? Molto dipende dall’effettivo effetto sulla qualità dell’aria, sulla riduzione degli inquinanti, dell’effetto “isola di calore”, sui consumi per raffrescamento e sull’influenza su comfort ambientale e psicologico delle persone. E’ anche da capire meglio l’uso sostenibile di acqua per l’irrigazione, ad esempio di quella proveniente da acque meteoriche, anche in un’ottica di controllo delle acque piovane in ambiente urbano in un futuro dal clima incerto.

    Il modello del Bosco Verticale di Milano è applicabile anche a edilizia non di lusso? Per ora i costi, sia di acquisto che di gestione, del complesso milanese lo riservano ad una clientela estremamente facoltosa. Ad Eindhoven è attualmente in programma la costruzione una versione social housing dell’edificio di Boeri, che ci darà forse qualche risposta in più al riguardo.

    Infine, è da capire se densificazione urbana sostenibile e lotta allo urban sprawl si conseguano meglio con il modello della torre “vegetalizzata” di notevole altezza come il BV piuttosto che con edifici residenziali di 5-6 piani dotati di facciate verdi e di giardini e orti pensili in copertura. O magari con entrambi.

    Foto sopra © Riccardo Bianchini / Inexhibit

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