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Ma quando sono entrate in casa? Breve storia della convivenza domestica con le piante

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    Ma quando sono entrate in casa? Breve storia della convivenza domestica con le piante

    “Hai troppo sole? Poco sole? Cos’è che vuoi? Più acqua? Meno acqua?
    Perchè non parli? Rispondi!”
    (1)

    A mia nonna piacevano le piante. Ne teneva a decine tutte ben allineate nei vasi di terracotta appoggiati a terra o sospesi sui portavasi di metallo vicino alla scala.
    Da piccola la guardavo curare i Gerani rossi e rosa dalle foglie pelose e rinvasare Asparagine e Nastrini. Poi c’erano i fiori da recidere, piccole Rose bianche, rami di Fior di pesco, Aster e Giunchiglie che durante la bella stagione le garantivano mazzi freschi da portare al cimitero ogni sabato pomeriggio. Ma in casa non c’erano piante, neanche una. Restavano fuori nel cortile, sulla terrazza o nell’orto mescolate all’insalata almeno fino all’autunno inoltrato quando, dopo essere state faticosamente trasportate, rimanevano affacciate alle finestre della soffitta per tutto l’inverno, insieme alle zucche.
    Certo, si trattava di una casa di campagna, e sappiamo che quello stretto fra l’abitazione e le piante è un sodalizio che si è creato soprattutto nelle città. Le cose cambiarono dalla fine degli anni Settanta; da allora, anche nella casa della mia famiglia cominciarono a comparire le prime piante da appartamento, soprattutto Ficus Benjamin e Filodendri che si attorcigliavano sui tutori marroni da bagnare con vaporizzatori per l’acqua mai visti prima. Fu una piccola rivoluzione.

    Mentre fino a qualche decennio fa le piante in casa venivano sistemate in un angolo inutilizzato del salotto, negli ultimi dieci anni la loro presenza in casa è diventata centrale.
    Come ho già detto in un precedente post, è ancora presto per capire se l’innamoramento per il verde domestico sia banalmente una moda, oppure esprima una accresciuta sensibilità per l’ambiente e un bisogno di sentirsi più vicini alla natura. Di sicuro, come sempre, a questa domanda il mercato ha fornito le sue risposte, da un lato con molte piante selezionate per la loro qualità estetica e per la loro capacità di adattarsi alle condizioni ambientali delle case, e dall’altro con l’articolata offerta di contenitori, vasi e tutori di ogni forma e materiale di cui è facile rendersi conto facendo una semplice ricerca sul web.
    Sappiamo che la maggior parte delle piante per interni sono di provenienza tropicale, e che la definizione di ‘piante da appartamento’ è molto generica, raggruppando in realtà specie diversissime tra loro che hanno in comune soltanto la capacità di adattarsi a vivere in un contenitore a sua volta sistemato in una stanza o su un un balcone. E tuttavia, la grande varietà di piante che si sono adattate a vivere al chiuso non è indifferente alle mode, e alcune specie sono inevitabilmente associate ad un epoca precisa, come vedremo meglio più avanti.

    Quel che è certo è che il tempo che stiamo vivendo ha reso più piacevole vivere e lavorare in spazi nei quali sia presente anche il verde; alcune indagini pubblicate da quotidiani e periodici ci informano che già dopo la prima ondata della pandemia da Coronavirus, nella primavera del 2020, la domanda di appartamenti con balconi e terrazze è molto aumentata, e ovviamente un balcone o una terrazza non hanno molto senso se non vengono popolati con piante in vaso. Anche se la questione dell’ effettiva efficienza delle piante nel rimuovere i composti organici volatili da un ambiente è ancora oggetto di indagine da parte della comunità scientifica  – gli esperimenti più recenti hanno dimostrato che le piante in vaso hanno la capacità di rimuovere i composti organici volatili nell’aria all’interno di piccoli contenitori sigillati su scale temporali di molte ore o giorni – non c’è invece alcun dubbio che la presenza delle piante negli ambienti chiusi migliori il benessere fisico e psicologico delle persone che li abitano, con conseguente diminuzione dello stress e aumento dell’attenzione.
    E’ anche molto facile verificare di persona come il semplice prendersi cura delle piante abbia un effetto rilassante.

    Junya Ishigami ‘Extreme Nature. Landscape of ambiguous space’
    Padiglione del Giappone alla 11° Mostra  Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Immagine © Inexhibit

    Dalle Colonie dell’Impero arrivano le nuove piante
    Sebbene già le antiche civiltà facessero uso di piante in vaso, fu solo a partire dal XVII secolo che l’idea di coltivare piante in casa fu presa in seria considerazione quando grazie agli esploratori di ritorno dai loro viaggi e dalle Colonie dell’Impero Britannico iniziarono ad arrivare in Europa piante all’epoca sconosciute. Nella gara all’importazione delle piante esotiche i Britannici furono in prima fila e mantennero a lungo il loro primato, legando la loro espansione all’arrivo di alberi dall’America settentrionale e di nuove essenze dall’Asia, dall’Australia e dall’Africa. Fra i nomi di questi pionieri va ricordato Joseph Banks (1743-1820) che, oltre ad importare molte essenze sconosciute – introdusse in Occidente piante come la Mimosa, l’Eucalipto e l’Acacia – ampliò durante il regno di Giorgio III i Kew Gardens, la più grande raccolta botanica al mondo. E’ questa l’ epoca che apre le possibilità di coltivare piante in vaso anche dentro le abitazioni.

    Sopra: il verde negli interni di epoca vittoriana, immagini da www.oldhouseonline.com.

    L’invenzione della ‘Wardian case’ e l’epoca Vittoriana
    Un ulteriore e decisivo passo verso la diffusione di piante provenienti da paesi caldi, e che quindi si sarebbero ben adattate alla vita domestica, è stato possibile grazie all’invenzione della ‘Wardian case’. La Cassa di Ward – inventata negli anni Trenta dell’Ottocento da Nathaniel Bagshaw Ward, medico londinese con la passione per la botanica, – era una sorta di terrario in vetro sigillato che creava le condizioni ideali di crescita delle piante: durante le ore più calde lo strato di terriccio all’interno dell’ambiente vetrato emetteva umidità che si condensava sui vetri per poi ricadere sulla superficie del terreno, mantenendolo sempre umido e permettendo così alle piante di vivere e crescere. Questa, apparentemente piccola, invenzione fu molto importante perchè permise un più agevole trasporto delle piante da un continente all’altro, cambiando così il modo di coltivare e sviluppare le collezioni botaniche di tutto il mondo.
    In Gran Bretagna, in epoca vittoriana, si assiste ad un vero e proprio innamoramento collettivo per le piante esotiche, che venivano raccolte e curate nelle serre costruite nei parchi delle ville, e nelle case in città venivano collocate con generosità, quasi sommergendo tavolini e poltrone. Non si trattava di piante fiorite ma soprattutto di Edera inglese, Dracene e piante sempreverdi cinesi che richiedevano poca luce per vivere. Tra le piante predilette in epoca vittoriana c’erano anche le Felci, con le quali si formavano cornici intorno alle finestre, si creavano composizioni all’interno dei camini in estate e si allestivano vere e proprie architetture intorno agli arredi.
    Per avere un’ idea di questo amore folle per le piante basta dare uno sguardo sia alle immagini di interni dell’epoca che alle illustrazioni della “Grande esposizione delle opere dell’industria di tutte le Nazioni” (Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations), Londra,1851, nelle quali si possono vedere gli interni del celebre Chrystal Palace, costruito sul modello di una grande serra e allestito con imponenti alberi in vaso.

    Rappresenazione d’epoca di una Wardian case. Immagine via Wikipedia

    Il verde in casa in epoca Vittoriana: the Whittemore House. Immagine via Wikimedia Commons

    Lo stile floreale fra fine 800 e primi 900 e la moda della Kenzia
    Tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo si fa largo un nuovo gusto che, semplificando, leghiamo alla diffusione dell’Art Nouveau. La natura in tutte le sue forme ispira la decorazione d’interni dell’epoca, dai motivi delle tappezzerie agli intarsi dei mobili, dalle forme del vasellame e delle lampade all’argenteria, dagli abiti fino agli accessori di moda; per averne un’ idea è sufficiente guardare al lavoro degli esponenti della Scuola di Glasgow, come Charles Rennie Mackintosh e Margaret Macdonald, oppure ai mobili di Hector Guimard o ancora ai vetri di Louis Comfort Tiffany. La nuove istanze artistiche si affiancano al sempre più rapido sviluppo della tecnologia e dell’industria, determinando un netto cambiamento di gusti verso ideali estetici più moderni, che fanno apparire i sovraffollati interni vittoriani fuori moda.
    Le giungle domestiche, abbondanti ma poco sofisticate che avevano caratterizzato il XIX secolo inglese vengono gradualmente abbandonate a favore del gusto modernista, al quale ben si adattano le linee eleganti della Kenzia, pianta di origine australiana destinata a punteggiare gli spazi delle case dell’alta borghesia e le ampie sale dei grand’hotel. Anche l’orchidea – citata da Proust nella Recherche, ma anche amata da Marinetti e da Guy de Maupassant – è una pianta molto apprezzata in quel periodo, così come la Sanseveria e il Lisianthus (o Eustoma), pianta giovane, scoperta negli USA nel XIX secolo e trasportata in Europa ad inizi ’900, coltivata a scopo ornamentale in vaso o per il commercio dei suoi fiori.

    Il giardino d’inverno dell’hotel Ritz, Londra 1914. Immagine via Wikimedia Commons

    Stanza di un insegnante nella scuola a Vekkula, Finlandia, 1920, Wikimedia commons. Autore sconosciuto.

    Il verde nell’architetura del Movimento Moderno
    Negli anni 20 e 30 del ‘900, le istanze espresse dagli architetti del Movimento Moderno comprendono anche la ricerca di una relazione più stretta fra architettura e ambiente naturale. Soprattutto nei Paesi del nord Europa, per motivi climatici facilmente comprensibili, piante e fiori trovano posto nei giardini d’inverno, ambienti vetrati che non sono più esterni alla casa e vengono al inglobati nello spazio del soggiorno per poter essere pienamente utilizzati durante la stagione fredda.
    Fra le ville progettate in quell’epoca nelle quali la presenza del giardino d’inverno riveste un ruolo significativo ricordiamo, fra molte altre, Casa Schminke di Hans Scharoun, realizzata in Germania all’inizio degli anni ’30; Casa Tugendhat di Mies Van der Rohe, costruita a Brno in Repubblica Ceca nel 1928-30 e Villa Mairea di Alvar Aalto, realizzata fra il 1937 e il 1939 in Finlandia.
    In Italia, le immagini della ‘Casa Elettrica‘ – progettata da Luigi Figini e Gino Pollini, e realizzata nel Parco di Monza in occasione della IV Triennale nel 1930 – mostrano come due tra i massimi esponenti del razionalismo italiano abbiano interpretato la presenza del verde tra le mura domestiche. Nella brochure di presentazione di questo prototipo di casa moderna sperimentale finanziata dalla Società Edison, che fu demolita subito dopo la fine della manifestazione, a proposito della serra che separava il soggiorno dall’esterno della casa si legge: ”La grande vetrata doppia della “stanza di soggiorno” che, oltre ad offrire buona protezione contro le variazioni di temperatura esterna, è stata adibita a serra per piante esotiche, apre tutto l’ambiente sul paesaggio circostante.” (2)

    Schminke House, il giardino d’inverno. Foto mksfca / Flickr

    “Io sono qui solo per curare le piante”.
    “E stai facendo un ottimo lavoro, se posso permettermi, anche se quella è di plastica”. (3)

    E oggi?
    Chi lo dice adesso al ragionier Fantozzi che il numero di piante in un ufficio non è più direttamente proporzionale all’importanza dell’impiegato che lo occupa? Quasi tutti ricordano che ne “il secondo Tragico Fantozzi”, popolare film comico del 1976, l’ascesa dell’impiegato in carriera era indissolubilmente legata alla presenza di una serie di status symbol, fra i quali spiccava, appunto, la presenza dei Ficus: “Impiegato di settima: scrivania in mogano, poltroncina in sky o finta pelle, telefono, pianta di Ficus, simbolo del potere. Impiegato di quinta: lampada di opalina, piano di cristallo, naif jugoslavo alla parete, due piante di Ficus.
    Impiegato di prima: quattro piante di Ficus, tre telefoni, dittafono, sei quadri naif, tappeto e moquette per terra. Era arrivato fino alla soglia della dirigenza, vale a dire: serra di piante di Ficus e poltrona in pelle umana”. (4) E’ vero, le piante da appartamento in passato hanno occupato le case più eleganti, ma ai giorni nostri non è più così; anche negli appartamenti più piccoli e modesti la vegetazione ha trovato un suo posto d’onore, e dalle più esclusive boutique ai garden center di periferia la Phalaenopsis, ad esempio, è richiesta come il pane.
    Nero Wolfe – il personaggio immaginato dallo scrittore Rex Stout negli anni Trenta del secolo scorso – si occupava maniacalmente di rare orchidee che coltivava nel giardino pensile della sua casa newyorkese: quelle orchidee, che nel racconto letterario erano ancora associate al concetto di rarità inarrivabile per comuni mortali, da almeno vent’anni sono uno dei fiori più acquistati e diffusi. E non solo le sole: esistono siti web e riviste di arredamento che stilano classifiche delle piante ‘di moda’, nelle quali un’ Erba miseria o una Alocasia amazonica subiscono lo stessa logica applicata alle gonne o alle giacche.

    Bianchini e Lusiardi Associati, Landscape, sistema di contenitori sospesi per piante e oggetti
    immagine © BeL

    Quello che però è più interessante, e che emerge sia in rete che sulle riviste specializzate, è l’adesione ad un’estetica che potremmo definire di ‘invasione vegetale’, che per certi versi ci rimanda alla saturazione tipica degli interni vittoriani. Sia per ragioni di spazio limitato che per una fascinazione che va al di là di qualsiasi scopo pratico, gli interni contemporanei sono rappresentati come spazi letteralmente inondati dal verde, con piante appese, sospese, in bilico su esili sostegni, inserite in bolle di vetro o mescolate ai sistemi d’illuminazione.
    Questo tipo di visione è sicuramente stata influenzata da progetti di architettura che sono stati molto pubblicati e che sono arrivati all’ immaginario comune – si pensi ad esempio al Bosco Verticale di Boeri o ad alcune realizzazioni dell’architetto giapponese Junya Ishigami – e da progetti sperimentali e installazioni realizzate per le design week in tutto il mondo, da Milano a Londra.
    Quello che ci dobbiamo augurare è che questo rinascimento vegetale non sia solo di facciata, e che si accompagni a una diffusa consapevolezza che dobbiamo impegnarci per un modo più sostenibile di vivere e di progettare l’ambiente in cui viviamo.
    Se guardo fuori dalla mia finestra vedo che c’è ancora molto da fare, ma mentre sogno che i balconi si trasformino in foreste, e che ognuno possa percorrerli passando di ramo in ramo come un novello Barone Rampante, mi consolo ricordandomi che la biomassa del pianeta Terra è composta dall’80% da specie vegetali e solo dal 3 % da animali, compresa la specie umana.
    A proposito degli effetti benefici che le piante hanno sull’uomo, Stefano Mancuso, una delle massime autorità nel campo della neurobiologia vegetale, afferma: “Le motivazioni di questi benefici psicologici sull’uomo, di cui non si sa ancora molto, sono forse da ricercare indietro nel tempo e sono legati alla nostra inconscia consapevolezza che senza di loro la vita per la nostra specie non è possibile. La calma che ci pervade in loro compagnia è forse l’eco della consapevolezza ancestrale che nel verde risiede tutto ciò di cui abbiamo bisogno e ogni nostra possibilità di sopravvivenza. Oggi come allora” (5)

    Fuorisalone, Milano, 2017, vasi sigillati con piantine ispirati al principio della Wardian case.
    Foto Inexhibit.

    Note
    (1) dal film “Bianca”, regia di Nanni Moretti, 1984
    (2) Giacomo Polin, La casa Elettrica di Figini e Pollini, officina edizioni,1982
    (3) dal film “Scrivimi una canzone”, regia di Marc Lawrence, 2007.
    (4) Il secondo tragico fantozzi, regia di Luciano Salce, 1976.
    (5) Stefano Mancuso e Alessandra Viola, Verde brillante, Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale. ed. Giunti, 2013-15

    Sleeping Piles, Progetto di Estudio Campana, Cortile della Farmacia, Università degli Studi, Milano, 8-19 aprile, 2019, Foto di Riccardo Bianchini (Inexhibit.com).

    Per scrivere questo articolo sono sati consultati i testi e i siti web che seguono

    – Stefano Mancuso e Alessandra Viola, Verde brillante, Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale. ed. Giunti, 2013-15
    – Bryan E. Cummings, Michael S. Waring,’ Potted plants do not improve indoor air quality: a review and analysis of reported VOC removal efficiencies’, Journal of Exposure Science & Environmental Epidemiology, 2020, under exclusive license to Springer Nature America, Inc. 2019
    – Amanda O’Neill, Introduction to the Decorative Arts, Tiger Books International, London
    – Mirella Serri, L’orchidea non è più peccato, articolo pubblicato sul quotidiano la Stampa’ del 13-08-2009
    – Giacomo Polin, La casa Elettrica di Figini e Pollini, officina edizioni,1982
    – Pia Pera, Verdeggiando, a cura di Lara Ricci, ed. Il sole 24 Ore, 2019
    “A brief history of house plants”, da https://blog.leonandgeorge.com/
    https://www.oldhouseonline.com
    https://www.cakegardenproject.com/

    se siete interessati all’argomento potete anche vedere

    https://www.inexhibit.com/it/case-studies/design-per-il-verde-domestico-giardini-sospesi-e-giardini-verticali/

    Immagine in copertina: elaborazione grafica di Federica Lusiardi.

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