I Musei nella letteratura | 01 – Il giovane Holden

Testo e disegno di Federica Lusiardi, Inexhibit
Brani tratti da "IL Giovane Holden" di J.D. Salinger

Musei in letteratura Il Giovane Holden

Il museo come spazio della formazione

Il giovane Holden – J.D. Salinger, 1951

Ma come ci appariva il Museo da piccoli ?
Questi brevi estratti dal Giovane Holden sono imperdibili, soprattutto per l’immediatezza del linguaggio del protagonista che, in una fredda domenica Newyorkese passata alla ricerca della sorellina, nel suo flusso di ricordi inserisce il racconto della sua esperienza di piccolo visitatore del Museo di Storia Naturale, iniziando dalle sensazioni più immediate.

“Mi piaceva, quel maledetto museo. Mi ricordo che per andare all’auditorium bisognava passare per la Sala degli Indiani, Era una sala lunga lunga, e bisognava parlare bisbigliando. (…)
Il pavimento era tutto di pietra, e se tenevi in mano le palline e te le lasciavi scappare, rimbalzavano come matte per tutta la sala e facevano un rumore d’inferno, allora la maestra faceva fermare tutti e tornava indietro a vedere che diavolo succedeva.”

Più avanti il racconto si fa più preciso e il nostro eroe ricorda nel dettaglio alcune delle cose esposte nelle vetrine.

“Poi si passava vicino a quella enorme bacheca di vetro, con dentro degli indiani che strofinavano pezzetti di legno per accendere il fuoco, e una squaw che tesseva una coperta.
La squaw che tesseva la coperta era un po’ chinata in avanti e le si vedeva tutto quanto. (…)
Ragazzi quel museo era pieno di bacheche. Ce n’erano ancora di più al piano di sopra, con dentro dei cervi che si abbeveravano alle fonti, e uccelli che migravano verso il sud per l’inverno.”

Nella parte finale della narrazione sul Museo di Storia Naturale il giovane Holden fa un’ affermazione che ci mostra un carattere tipico di alcuni Musei, così come erano concepiti fino a non molto tempo fa e che ancora oggi capita di visitare, ovvero l’immobilità delle collezioni.

“La cosa migliore di quel museo era però che tutto stava sempre nello stesso posto. Nessuno si muoveva. Potevi andarci centomila volte, e quelle’esquimese aveva sempre appena finito di prendere quei due pesci, gli uccelli stavano ancora andando verso il sud, i cervi stavano ancora abbeverandosi a quella fonte. (…) Nessuno era mai diverso. L’unico a essere diverso eri tu.”

Brani tratti da “Il Giovane Holden” di J.D. Salinger, 1951 – Little, Brown and Company / Einaudi

 

 

 

 


link sponsorizzato

Altro a New York City

New York City

New York City


copyright Inexhibit 2025 - ISSN: 2283-5474