Le sorgenti luminose per gli allestimenti | Parte 1
Da sempre l’illuminazione artificiale svolge un ruolo cruciale nella progettazione degli allestimenti temporanei e museali. In questo articolo descriveremo le più diffuse sorgenti, suddividendole in base alla tecnologia utilizzata per produrre il flusso luminoso, cercando di definire cosa renda una fonte luminosa più o meno adatta a specifiche applicazioni in campo allestitivo.
Prenderemo in considerazione sei tipologie di sorgenti:
– Alogene, incluse le lampade dicroiche e le PAR
– Lampade Fluorescenti (lineari e compatte)
– Lampade agli Ioduri Metallici
– LED
– Lampade da Elettroluminescenza
– Sistemi a fibra ottica
Introduzione
La scelta di una tipologia di lampada piuttosto che un’altra dipende da un insieme di fattori, il primo dei quali è la natura dell’oggetto da illuminare. Ad esempio le lampade a fluorescenza sono in genere inadatte all’illuminazione di dipinti a causa della loro particolare emissione spettrale, mentre le lampade ad incandescenza (comprese le alogene) sono una scelta inappropriata per applicazioni nelle quali sia indispensabile un basso consumo energetico. In sintesi non esistono “regole sacre” quando si parla di progetto illuminotecnico, le uniche regole da seguire sono la raccolta del maggior numero di informazioni possibile, la definizione precisa degli obiettivi del progettista e del cliente, e la scelta complessiva delle soluzioni, tecniche ed espressive, più adatte al caso. Per chiarire questo processo fornirò una panoramica sulle più diffuse tipologie di lampade adottate in campo allestitivo descrivendone le caratteristiche, i pro ed i contro e le applicazioni più pertinenti.
E’ necessario però ribadire che la “lampada perfetta” non esiste; designers e architetti devono cercare la soluzione più adatta per le loro esigenze specifiche.Capita spesso di leggere che un determinato impianto di illuminazione “può danneggiare” le opere esposte in un museo. A mio parere questo è un modo sbagliato di rapportarsi al problema: il solo atto di illuminare un’opera la modifica inevitabilmente, e se non si vuole che la luce (naturale o artificiale) acceleri l’inevitabile discesa di un fragile artefatto lungo la china dell’entropia bisognerebbe tenere quest’ultimo permanentemente sigillato in una cassa piombata. Ma se qualcuno decide si mettere un oggetto in mostra, l’unico approccio corretto è quello di fornirgli le migliori condizioni di illuminazione possibili, comprendendo le esigenze conservative nei criteri chiave di progetto.
Alogene
Le lampade alogene (o lampade al Tungsteno) sono in realtà una sotto-famiglia delle lampade ad incandescenza, dato che anch’esse producono luce attraverso l’emissione di fotoni da parte di un filamento incandescente (solitamente realizzato in tungsteno); a differenza delle lampade a incandescenza però, grazie all’inserimento di un gas alogeno all’interno del bulbo, possono fornire un flusso luminoso specifico ed una durata maggiore rispetto alle lampadine ad incandescenza tradizionali.
Le lampade alogene sono tradizionalmente molto utilizzate negli allestimenti per l’elevata qualità cromatica della loro luce, la temperatura colore è tipicamente tra i 2800 ed i 3000 gradi Kelvin, e la distribuzione spettrale “naturale” (ovvero simile a quella della luce solare) che producono le rende ideali per l’illuminazione di quadri, sculture, opere in legno, tessuti, strumenti musicali e praticamente ogni oggetto dipinto.
Devo sottolineare che esistono sul mercato altre tipologie di lampade definite “a luce calda” (che generalmente corrisponde ad una temperatura colore di circa 3000K) ciò nonostante, dato che il loro spettro luminoso differisce da quello di una lampada alogena, esse spesso producono una luce caratterizzata da una innaturale dominante verdastra.
Gli spettri di emissione di una lampada alogena e di una a fluorescenza, notare i picchi di emissione di quest’ultima a specifiche lunghezze d’onda
Le alogene sono disponibili in un’ampia gamma di potenze, comunemente tra 75 e 10,000 watt, ed un’efficienza luminosa tipica di 20 lumens per watt; la durata teorica di un’alogena è in media di circa 2000 ore, ma in condizioni reali può essere molto minore. Praticamente tutte le alogene lineari richiedono un’alimentazione a 220/110 volt, mentre le dicroiche possono avere requisiti differenti (come descritto nel prossimo capitolo). Un’utile caratteristicha di molte lampade alogene è che supportano l’appicazione di un dimmer, permettendo così un regolazione più precisa dell’intensità luminosa. Dato che le lampadine alogene sono una consistente sorgente di radiazione Ultravioletta, è spesso necessaria l’adozione di un filtro UV, di solito in vetro al quarzo. Un’altra precauzione è quella di mantenere la sorgente luminosa alogena ad una distanza sufficiente dall’oggetto illuminato, e anche di impedire che il pubblico la possa toccare, dato che la sua temperatura superficiale può facilmente superare i 600°.
Quando qualità di luce e flessibilità d’uso sono necessari, le lampade alogene sono spesso la soluzione migliore, anche se sempre più spesso vengono sostituite da lampade basate sui LED, che hanno vantaggi in termini di praticità ma solitamente al prezzo di una minore qualità d’illuminazione.
Una lampada alogena lineare da 300W a fascio largo, usata per illuminare un grande pannello grafico
Alogene dicroiche e PAR
Le lampade dicroiche sono un sotto-insieme delle lampade alogene, di cui condividono le caratteristiche in termini di qualità luminosa. Nelle dicroiche una lampadina alogena è accoppiata ad un piccolo riflettore in vetro o in alluminio, ottenendo così una sorta di piccola lampada direzionale con un fascio compreso di solito tra i 10 ed i 60 gradi, a seconda del modello. Per essere precisi, solo le lampade dotate di un riflettore in vetro dicroico possono essere effettivamente definite dicroiche, ma il temine è comunemente usato per tutte le soluzioni simili. Le alogene dicroiche sono disponibili con potenze elettriche comprese tra i 20 ed i 50 watt per un’alimentazione a 230/110 o, più spesso, 12 volts. Sono ampiamente utilizzate per l’illuminazione d’accento su oggetti di dimensione relativamente contenuta, ad esempio dipinti e sculture, spesso montate su binario. Gli apparecchi basati su lampade dicroiche sono spesso più piccoli e meno invasivi rispetto a altre soluzione, incluse quelle basate su alogene lineari. Nel caso di allestimenti permanenti, un piccolo difetto è dato dalla necessità di installare un numero maggiore di lampade, rispetto alle più potenti alogene lineari, e quindi una maggiore frequenza di sostituzione delle lampadine.
Le alogene di tipo PAR (Parabolic Anodized Reflector) sono molto simili alle dicroiche ma hanno dimensioni spesso maggiori, un riflettore differente e spesso una potenza elettrica (e luminosa) superiore (generalmente compresa tra 30 e 300W o anche più); il campo di applicazione è sostanzialmente lo stesso delle dicroiche.
Lampade direzionali, montate su binario, basate su lampadine dicroiche in un museo d’arte (il musée Chagall a Nizza) ed in uno scientifico (il Muse a Trento)
Lampade direzionali, basate su dicroiche, utilizzate per l’illuminazione d’accento di strumenti musicali. Tutti gli apparecchi sono dotati di diffusori satinati che fungono anche da filtri UV supplementari.
Lampade PAR, montate su binario, utilizzate per illuminare reperti di epoca Romana in un museo archeologico (il museo San Lorenzo a Cremona)