La nuova sezione permanente del Designmuseum Danmark dedicata alle sedie. Foto Pernille Klemp, courtesy of Designmuseum Danmark.
The Danish Chair. An International Affair, una nuova mostra permanente al Designmuseum Danmark racconta la storia della sedia moderna
Mies van der Rohe affermava che le sedie sono molto difficili da progettare.
Sosteneva che i problemi da affrontare e le possibili soluzioni per ottenere un oggetto leggero, robusto e confortevole erano così tanti che: “è molto più facile disegnare un grattacielo che progettare una sedia”. Esagerato? Forse un po’, quel che è certo è che le sedie sono, tra gli arredi domestici, i più complessi da progettare perché più di altri coinvolgono questioni tecnico-strutturali ed ergonomiche, e proprio per questo si potrebbe tracciare una storia del design industriale attraverso la loro evoluzione nell’arco di tempo che va dalla metà dell’Ottocento alla fine del secolo scorso.
Sarebbe una storia che ha inizio nel laboratorio di una famiglia di ebanisti viennesi dove, nel lontano 1859 fu prodotta la prima Thonet n. 14.
Rivoluzionando il concetto di mobile, che da elitario diventava per tutti, (furono vendute 50 milioni di sedie fra il 1859 e il 1930) la premiata ditta Thonet realizzò i suoi mobili con la tecnica della curvatura del legno con il vapore, evitando costose lavorazioni da ebanista e assemblando i pochi pezzi con semplici viti. Una storia dunque di innovazioni nel passaggio di secolo fra ‘800 e ‘900, sospesa fra ricerche formali e artigianali – Wiener Werkstatte e Scuola di Glasgow – e sperimentazioni di nuovi materiali e tecniche produttive.
Ma se i Maestri del Movimento Moderno – dal già citato Mies van der Rohe a Marcel Breuer a Le Corbusier- hanno sdoganato l’utilizzo dei profili in acciaio cromato per la realizzazione di sofistiati arredi, sono i designers scandinavi ad aver dato una svolta determinante nell’evoluzione dei mobili in legno, e molto presto se pensiamo alle sperimentazioni con il compensato curvato di Alvar Aalto, che già negli anni ’30 disegna la sedia conosciuta come Paimio.
I progetti in compensato curvato di Aalto avranno nel decennio seguente una grande risonanza che si ripercuoterà sul lavoro di altri designers, in Europa e negli Stati Uniti; da Eero Saarinen agli Eames – che metteranno a punto modelli di sedie formate da struttura in metallo e sedile più schienale in compensato curvato – (sedia Organic, 1940 e sedia LCW nel 1945) fino al danese Arne Jacobsen, che disegnerà dapprima la Ant chair (1952) realizzata con un’ unica scocca in compensato sostenuta da tre gambe metalliche, e poi la notissima “serie 7”.
Arne Jacobsen, Ant Chair, 1952. Foto Pernille Klemp, courtesy of Designmuseum Danmark.
Va detto che l’industria del mobile in Danimarca, fiorent soprattutto negli anni ’50 e ’60, è nota per la stretta collaborazione instaurata fra designers ed artigiani, e per essere stata il punto di arrivo di una tradizione secolare dell’ebanisteria fondata sul rispetto per l’ambiente e per l’integrità dei materiali. Fra i designers danesi più noti va citato Hans Wegner, autore di alcune delle sedie più interessanti, come la raffinatissima CH24 Y del 1949 – evoluzione di un precedente progetto ispirato alle sedute della dinastia Ming – e della sedia Valet, del 1953, nella quale Wegner combina efficacemente le funzioni di seduta e di arredo a cui appendere gli abiti prima di andare a dormire.
Hans Wegner, sedia CH24 Y, 1949. Foto Pernille Klemp, courtesy of Designmuseum Danmark.
Hans Wegner, sedia Valet, 1953. Foto Pernille Klemp, courtesy of Designmuseum Danmark.
Dalla scocca in compensato curvato delle sedute di Saarinen, Eames e Jacobsen deriveranno molte sedie nel successivo passaggio legato allo sviluppo delle materie plastiche, passando attraverso una tecnica intermedia, quella dei gusci in vetroresina; a partire dalla notissima Chaise di Charles e Ray Eames (1948) allo sgabello impilabile Elefante di Sori Yanagi del 1954 fino alla mitica Tulip di Saarinen (1955).
L’avvento delle materie plastiche renderà l’idea del guscio monopezzo, inizialmente fissato su una base metallica, molto più facile da sviluppare, garantendo una maggiore libertà espressiva e formale. La possibilità di utilizzare polimeri sempre più leggeri e resistenti porterà, alla fine degli anni ’60 del ‘900, alla progettazione di sedute monopezzo dalle forme sempre più ardite, come la sedia Panton, leggera, impilabile, colorata e dalle forme sinuose disegnata dal danese Verner Panton ed entrata in produzione nel 1967 dopo un lungo lavoro di sviluppo, (il primo prototipo risale al 1960).
Verner panton, Panton chair, 1967. Foto Pernille Klemp, courtesy of Designmuseum Danmark.
The Danish Chair. An International Affair
E proprio alla sedia, il Designmuseum Danmark ha deciso di dedicare una sezione del suo percorso permanente. Inaugurata a dicembre 2016 e intitolata “The Danish Chair. An International Affair”, evidenzia come il design danese sia diventato un vero e proprio brand internazionale.
The Danish Chair, vista dell’ingresso alla mostra.
Foto: Pernille Klemp. Courtesy of Designmuseum Danmark.
Il nuovo spazio espositivo è concepito come una wunderkammer contemporanea pensata per raccontare il meglio dell’evoluzione di questo arredo nel corso del 20° secolo: gli oltre 100 pezzi in mostra sono esposti ciascuno all’interno di singoli box bianchi illuminati disposti su tre livelli, inclinati verso il visitatore per facilitarne la visione.
Fra un box e l’altro sono inserite grandi schede estraibili con disegni e dati tecnici relativi ad ogni modello.
The Danish Chair, vista dell’allestimento.
Foto: Pernille Klemp. Courtesy of Designmuseum Danmark.
Accanto a sedie dei primi anni del secolo scorso si trovano i modelli dell’”età dell’oro” del design danese, dal 1920 al 1970, insieme ad alcune sedute di produzione internazionale.
Fra i pezzi esposti si possono ammirare la Metropolitan chair, disegnata da Aksel Bender Madsen e Ejner Larsen nel 1949, la Shell chair di Hans J. Wegner del 1963 e, sempre di Wegner, la curiosa Valet chair del 1953, seduta /appendiabiti , la Ant chair di Arne Jacobsen e la notissima serie 7 del 1955 in compensato curvato e struttura in tubolare metallico, la rivoluzionaria Panton Chair, costituita da un unica scocca in materiale plastico dalla forma sinuosa e antropomorfa disegnata da Verner Panton alla fine degli anni ’60, e la più recente Trinidad disegnata nel 1993 dalla designer Nanna Ditzel.
The Danish Chair, viste dell’allestimento.
Foto: Pernille Klemp. Courtesy of Designmuseum Danmark.
Grete Jalk, the GJ Bow chair, 1963.
Photo: Pernille Klemp, courtesy of Designmuseum Danmark.