Triennale Design Museum settima edizione
Autarchia, Austerità, Autonomia
Direzione: Silvana Annicchiarico
Curatore scientifico: Beppe Finessi
Progetto espositivo: Philippe Nigro
Progetto grafico: Italo Lupi
Triennale Design Museum – 7ma edizione
Il Design Italiano oltre le Crisi – Autarchia, austerità, autoproduzione.
Dal 4 aprile 2014 al 22 febbraio 2015
Si apre oggi, venerdì 4 aprile 2014, la Settima Edizione del Triennale Design Museum di Milano; dal 2007, anno di inaugurazione del Museo, si sono succeduti sei allestimenti ognuno dei quali ha proposto una differente chiave interpretativa del design italiano, dagli anni Trenta ad oggi.
La Settima Edizione, Il design Italiano oltre le crisi – Autarchia, austerità, autoproduzione ruota intorno al concetto di autosufficienza produttiva, proponendo una lettura secondo la quale progettare nei momenti di crisi economica può essere particolarmente stimolante per la creatività.
A partire da questo assunto la mostra si sviluppa a partire dai tre periodi storici individuati: gli anni Trenta, caratterizzati dall’autarchia produttiva, gli anni Settanta, segnati dall’austerity conseguente alla crisi petrolifera, e gli anni Zero – che stiamo ancora vivendo – nei quali è centrale il fenomeno dell’autoproduzione. Questi tre punti di osservazione temporale sono presentati attraverso più di 600 opere e molti autori fra i quali Fortunato Depero, Carlo Mollino, Gio Ponti, Piero Fornasetti, Bruno Munari, Alessandro Mendini, Enzo Mari, Ettore Sottsass, Nanni Strada, Martino Gamper, Lorenzo Damiani, Paolo Ulian.
Il percorso della mostra, che segue un ordine cronologico, ha inizio con una sala oscurata nella quale grandi frames in acciaio nero accolgono una selezione di oggetti rappresentativi dei tre periodi considerati; a questa segue la sala dedicata a Fortunato Depero, primo grande designer produttore, con opere provenienti dalla Casa Museo di Rovereto.
Anticorodal, Duralluminio, Eraclit, Securit, Eterna... La prima sezione, “dall’Autarchia all’autonomia” si apre con una parete sulla quale sono elencati molti materiali dai nomi evocativi, creati dall’industria negli anni Trenta in risposta alle restrizioni commerciali imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni.
I mobili e gli oggetti presentati sono rappresentativi degli anni fra il 1930 e il 1950, fra questi opere di Gio Ponti, come un tavolino con base in cristallo realizzato da Fontana Arte, mobili da giardino in giunco e midollino di Vittoriano Viganò, complementi d’arredo di Piero Fornasetti, sedie e poltrone con struttura in tubolare metallico, e una interessante collezione di manifatture sarde: tappeti, arazzi e cesti, ideati negli anni Cinquanta da Eugenio Tavolara.
Il percorso prosegue con “Dall’austerità alla partecipazione”. La sezione, che si apre con un filmato delle Teche Rai sul periodo dell’austerity , si focalizza su alcuni autori e gruppi di progettisti che dal 1973, anno della crisi petrolifera, hanno seguito un percorso provocatorio e alternativo, sicuramente di rottura con il passato.
Fra le altre, la mostra presenta opere di Ettore Sottsass, alcune proposte di autoproduzione di Enzo Mari del 1974, progetti del gruppo Global Tools e gli oggetti in cartapesta e compensato di Riccardo Dalisi del 1973.
La terza sezione dal titolo “dall’Autoproduzione all’autosufficienza” propone alcuni dei molti percorsi di ricerca e produzione che si sono affiancati dagli anni Ottanta ai nostri giorni. Dalle opere di Alchimia agli abiti di Nanni Strada, dalla scatola Ecolo di Enzo Mari per Alessi – contenente vasi per fiori ricavati da confezioni recuperate di detersivi- agli oggetti con superfici a mosaico di ispirazione artigianale di Ugo Marano, Anna Gilli e Ugo La Pietra.
Gli anni dal 2000 ad oggi si sciolgono in decine di proposte caratterizzate dalla sperimentazione progettuale e produttiva. E’ una storia fatta di oggetti unici e piccole serie ideate da autori che hanno saputo immaginare nuovi linguaggi – a volte reinventando tecniche artigianali – nuove modalità produttive e cercato nuovi mercati.
Fra le opere esposte i mobili in gommapiuma di Massimiliano Adami, le panche realizzate da Martino Gamper assemblando sedute recuperate, il tavolino con piano formato con gli scarti di falegnameria di Carmine Deganello, ma anche la serie limitata di mobili in marmo disegnati fra gli altri da Paolo Ulian, Patricia Urquiola e Lorenzo Palmieri.
Le prime due sale, ovvero lo spazio di ingresso con la selezione degli oggetti, e la sala dedicata a Fortunato Depero sono oscurate mentre il resto del percorso, progettato da Philippe Nigro, è concepito come un continuum caratterizzato dalla luce naturale e dal bianco dei setti dei piani e delle pareti realizzate in OSB: una estetica del “non finito” rimarcata dalle strutture portanti a vista, che rimanda inevitabilmente al tema dell’autocostruzione. Lungo il percorso espositivo si aprono stanze e spazi che racchiudono gruppi di oggetti legati da specifici temi, mentre alcune nicchie, chiuse da vetri, accolgono le opere più piccole e delicate.
La mostra si chiude con la sala “Download design” in cui Denis Santachiara esprime la propria interpretazione del design autoriale, una visione positiva e proiettata verso il futuro, ma possibile già oggi grazie alla tecnologia; un design ibrido, a km 0, che prescinde dai materiali e, appunto, autoriale, nel quale il designer è, come in un ritrovato Rinascimento, idealmente al centro di tutte le fasi; dal progetto alla realizzazione fino alla vendita degli oggetti in rete.
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