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Il Padiglione Tedesco di Mies van der Rohe a Barcellona

  • German Pavilion Barcelona Mies van der Rohe 06

    Il Padiglione Tedesco di Mies van der Rohe a Barcellona

    Il Padiglione Tedesco, anche noto come Padiglione di Barcellona, è un piccolo edificio situato ai piedi della collina di Monjuic, progettato da Ludwig Mies van der Rohe in occasione dell’ esposizione di Barcellona del 1929.

    Sopra: una vista esterna del Padiglione tedesco a Barcellona di Mies van der Rohe; foto Wojtek Gurak via Flickr (CC BY-NC 2.0)

    Storia e architettura
    Il progetto del padiglione fu commissionato a Ludwig Mies van der Rohe e alla designer Lilly Reich, dal governo tedesco come contributo all’ Esposizione Universale, che si tenne a Barcellona nel 1929. Il padiglione non era inteso come uno spazio espositivo bensì come luogo di rappresentanza e, in un certo senso, come oggetto in esposizione.
    Il fine del governo tedesco era quello di mostrare al mondo le possibilità delle nuova architettura, e al contempo doveva essere il segno della vocazione alla pace che la Germania era stata capace di esprimere dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Quest’ultima affermazione, come sappiamo, sarà disattesa e travolta solo tre anni più tardi, dall’avvento di Hitler al potere.

    L’edificio concepito da Mies è formato da un volume a pianta rettangolare, basato su un modulo quadrato da 1,09 metri, nel quale gli spazi fluiscono, uno nell’altro, senza suddivisioni rigide. Questo corpo principale è collegato da un passaggio esterno, sottolineato dalla presenza di una lunga panca in pietra, a un piccolo edificio di servizio, realizzato in mattoni intonacati, che contiene due uffici e i servizi igienici.

    Foto di Jim via Flickr (CC BY 2.0)

    Padiglione Tedesco a Barcellona, pianta; immagine per gentile concessione di Fundació Mies van der Rohe.

    Tutto il complesso è impostato su un podio rivestito in travertino romano, alto 1 metro e trenta centimetri, che lo ‘solleva’ rispetto al suolo formando una piastra sopraelevata, elemento che si ritrova anche in altri progetti dell’architetto tedesco, come la Neue Nationalgalerie a Berlino.
    I due edifici sono coperti da tetti piani formati da lastre molto sottili; quello del padiglione principale è realizzato con una struttura incrociata di travi a doppia T in acciaio ed è supportato da otto pilastri cruciformi in acciaio cromato e da una serie di pilastri scatolari occultati nelle pareti. Questa soluzione, unita al colore bianco con cui è dipinto l’intradosso fa sì che la copertura sembri “galleggiare”, come se fosse priva di supporti.

    Dettaglio di uno di pilastri cruciformi; foto © Federica Lusiardi/Inexhibit

    All’interno del padiglione principale un setto rivestito in onice rosso-dorato è posto longitudinalmente allo spazio. All’ apparente semplicità della pianta dell’edificio, Mies contrappone l’uso di materiali di pregio per dare valenza espressiva alle superfici, seguendo in questo la lezione di Adolf Loos. Oltre all’onice, cavato nelle Montagne dell’Atlante, e al travertino laziale, l’architetto sceglie di usare anche due tipi di marmo verde, uno proveniente dalle Alpi della Val d’Aosta e uno proveniente dalle cave di Tros, in Grecia. Anche le vetrate hanno colori diversi, dal trasparente neutro al fumé, dal verde bottiglia sino al vetro nero specchiante che riveste il fondo della piscina interna.

    L’interno del padiglione principale; foto Gëzim Radoniqi via Flickr (CC BY-ND 2.0)

    Tre dei materiali utilizzati nell’edificio, dall’alto in basso: onice dorato, travertino e marmo verde.

    Mies concepì il padiglione come uno spazio fluido e continuo, essenzialmente privo di una distinzione rigida tra interno ed esterno; per questo motivo, inizialmente era previsto che non vi fossero barriere a segnare tale separazione. Le porte, realizzate in metallo e vetro, vennero poi installate per ragioni pratiche e di sicurezza, ma Mies volle che l’edificio fosse fotografato prima di questa aggiunta, che non condivideva.

    Un’importante elemento del progetto è l’acqua. Mies include nel padiglione due specchi d’acqua. Quello più grande, che si trova all’ingresso, ha la funzione di riflettere il padiglione e di conferirgli ulteriore leggerezza visiva; il secondo, più nascosto e privato, si trova all’estremità est dell’edificio e dialoga con “La ballerina”, scultura in bronzo di Georg Kolbe.

    Oltre all’edificio, Mies van der Rohe e Lilly Reich disegnarono per il padiglione anche tutti gli arredi, in particolare una poltrona in acciaio lucido e pelle trapuntata color avorio, poi divenuta una vera icona del design del 900, la celebre Sedia Barcellona, ancora oggi prodotta da Knoll.

    La piscina “interna” con la scultura “La ballerina” di Georg Kolbe; foto Maciek Lulko via Flickr (CC BY-NC 2.0)

    In questa immagine del padiglione si notano due sedie e tre sgabelli della serie Barcellona; foto Kent Wang via Flickr (CC BY-SA 2.0)

    Demolizione e rinascita del padiglione di Barcellona
    Pensato sin dagli inizi come padiglione temporaneo, l’edificio venne demolito alla fine dell’esposizione, nel gennaio del 1930, e i materiali con cui era stato costruito furono venduti per recuperare parte dei costi di costruzione.
    Oltre mezzo secolo dopo, nel 1983, Oriol Bohigas, che all’epoca guidava il Dipartimento di Urbanistica della Città di Barcellona, prese la decisione di ricostruire il padiglione sulla base dei disegni originali e delle foto storiche. Il progetto di ricostruzione filologica venne affidato agli architetti Ignasi de Solà-Morales, Cristian Cirici e Fernando Ramos.
    Del padiglione di Mies furono anche ritrovate le tracce della fondazione in calcestruzzo, che permisero tra l’altro di identificare le dimensioni originali dell’edificio. Degno di nota anche il fatto che il team di progettisti riuscì a recuperare quasi tutti i materiali lapidei nelle stesse cave da cui provenivano quelli del padiglione storico.
    Terminato nel 1986, il padiglione è oggi aperto al pubblico e viene spesso utilizzato come spazio per performance, eventi speciali e installazioni site specific di artisti e architetti contemporanei tra cui, negli ultimi anni, SANAA, Enric Miralles, Ai Weiwei, Xavier Veilhan e Andrés Jaque.
    E’ anche ovviamente sede della premiazione del prestigioso premio biennale di architettura EU Mies Award.

    Nel 2017, l’installazione site-specific “Mies missing materiality” di Anna & Eugeni Bach ha trasformato temporaneamente il padiglione in un edificio total-white, con l’intento di “smaterializzarlo”; foto Anna Mas / Fundació Mies van der Rohe Barcellona.


    Immagini

    Foto Maciek Lulko via Flickr (CC BY-NC 2.0)

    Foto © Federica Lusiardi/Inexhibit

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