Le Corbusier, Unité d’Habitation – Cité Radieuse, Marsiglia
Provence-Alpes-Côte d'Azur, France
Tra i più celebri edifici di Le Corbusier, l’Unité d’Habitation a Marsiglia, sito patrimonio dell’umanità UNESCO, è anche nota come Cité Radieuse. Il complesso residenziale, realizzato tra il 1946 e il 1952, è oggi parzialmente visitabile.
Sopra: l’Unité d’Habitation di Marsiglia progettata da Le Corbusier, facciata est; immagine: Wojtek Gurak (CC BY-NC 2.0).
Storia
Progettata da Le Corbusier in collaborazione con l’architetto e artista portoghese Nadir Afonso, l’Unité d’Habitation di Marsiglia è il primo di cinque complessi abitativi simili, realizzati in Francia e Germania tra il 1952 e il 1965.
Il progetto dell’edificio di Marsiglia fu commissionato a Le Corbusier dal governo francese (rappresentato dal Ministro della Ricostruzione dell’epoca, M. Raoul Dautry) poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale; l’obiettivo era di definire un modello per una nuova generazione di case popolari da realizzare in tutta la Francia.
Per venire a capo degli stringenti requisiti tecnici e finanziari del progetto, Le Corbusier concepì un singolo grande edificio capace di accogliere fino a 1.600 abitanti. Nello stesso periodo, l’architetto svizzero progettò anche due complessi residenziali più vasti – uno a La Rochelle, nel dipartimento Charente-Maritime, e l’altro a St-Dié, nei Vosgi – ognuno dei quali formato da otto “Unité” simili a quella di Marsiglia e capace di accogliere fino a ventimila persone; nessuno dei due progetti venne mai realizzato. Malgrado questo, come accennato prima, altre quatto Unité d’Habitation ‘singole’ vennero costruite a Nantes, Briey, Firminy e Berlino tra il 1955 e il 1965.
Vista aerea da est; foto Denis Esakov.
Anche se il disegno dell’Unitè trae origine da vari progetti sperimentali sviluppati da Le Corbusier negli anni venti e trenta del Novecento(come gli Immeubles Villas), l’edificio si distacca visivamente dalla maggior parte degli edifici disegnati dall’architetto svizzero-francese in precedenza, per esplorare uno stile più organico e massivo, caratterizzato dall’uso del calcestruzzo faccia vista (Béton Brut in Francese), che avrebbe poi dato origine al cosiddetto stile Brutalista e anticipato alcune delle opere più tarde di Le Corbusier, come il convento di Saint Marie de La Tourette, la cappella di Notre Dame du Haut e gli edifici progettati per Chandigarh, nel’India settentrionale.
L’architettura dell’Unité
L’idea di Le Corbusier era quella di creare una “città giardino verticale”, ovvero un enorme edificio distribuito su 18 piani con 337 appartamenti di otto tipologie diverse (identificate con le lettere dalla A alla H) e 23 varianti.
Basati su un modulo di 15,5 metri quadrati, e con una superficie che varia da 15,5 (ovvero un singolo modulo) a ben 203 metri quadrati, gli appartamenti possono ospitare da una a dieci persone: la tipologia più frequente è il modello E, un alloggio su due livelli (o duplex) con una superficie di 98 metri quadrati. Ogni appartamento è concepito come una “macchina per abitare” (machine-à-habiter), equipaggiata con quelle che all’epoca erano dotazioni tecniche all’avanguardia, e con lo scopo dichiarato di “liberare la donna dalle faccende domestiche” (libérer la femme des contraintes domestiques). Le dimensioni erano basate sul Modulor, la scala di proporzioni antropometrica elaborata da Le Corbusier.
Ad ogni piano, un corridoio lungo 120 metri da’ accesso ai vari appartamenti e funge anche da area di incontro e socializzazione per i residenti. Le Corbusier vedeva infatti l’Unité come la casa di una grande comunità di persone più che un semplice edificio residenziale; vi integrò quindi una serie di servizi comuni tra cui aree verdi, negozi, un ristorante, una biblioteca, un ambulatorio medico, una farmacia, un asilo nido, un tetto a terrazza con spazi per il gioco, una piscina e un piccolo teatro all’aperto.
Il modo in cui gli appartamenti duplex si impilano l’uno sull’altro è assai ingegnoso; di fatto ogni alloggio occupa l’intera sezione dell’edificio a un piano e poco meno della metà ad un altro, il resto è infatto occupato dal corridoio di distribuzione comune.
Percorrendo uno dei corridoi, gli appartementi a destra e a sinistra sono differenti. Ad esempio, in quelli da un lato si entra al livello del soggiorno per poi salire verso la zona notte, che occupa l’intero piano superiore, mentre in quelli dal lato opposto si entra al livello della sala da pranzo per poi scendere al piano inferiore dove si trovano sia il soggiorno che le camere da letto.
In questo modo Le Corbusier poté creare appartamenti modulari di varie tipologie senza dover cambiare il passo strutturale dell’edificio e tenendo al minimo il numero dei corridoi di distribuzione. A fronte di molti vantaggi, il prezzo da pagare furono spazi in alcuni casi piuttosto risicati nelle dimensioni, almeno per gli standard odierni, e un’articolazione interna degli appartamenti che appare talvolta un po’ scomoda. Lo schema planimetrico è di fatto una variazione di quello dell’appartement traversant, assai popolare sia in Francia che in Svizzera.
Un’immagine ravvicinata degli affacci degli apaprtamenti sulla facciata orientale; foto Wojtek Gurak (CC BY-NC 2.0).
Unité d’Habitation, Marsiglia.Schema assonometrico di un appartamento duplex di tipo “E”. Immagine di Alberto Contreras González. L’Unité d’Habitation di Marsiglia comprende 8 tipologie principali e 23 varianti di appartamento, tutte basate su una unità minima di 15,5 metri quadri, in grado di ospitare da 1 a 10 persone.
Sezione longitudinale e piante di due tipici appartamenti a due livelli (duplex). 1 – corridoio di accesso, 2 – ingresso, 3 – cucina, 4 – soggiorno con zona pranzo integrata, 5 – sala da pranzo, 6 – camera matrimoniale, 7 – camera singola, 8 – balcone, 9 – vuoto sul soggiorno, 10 – camera matrimoniale, 11 – soggiorno, 12 – vano guardaroba, 13 – bagno, 14 – doccia. Immagine realizzata da Inexhibit.
L’edificio è sospeso su una serie di massicci pilasti in calcestruzzo per lasciare il piano terra il più possibile aperto e permeabile; foto Artur Salisz.
Due immagini del tetto-terrazza; foto di Guzmán Lozano e Michel Bonvin per gentile concessione della Scuola Cantonale d’Arte di Losanna.
Le reazioni del tempo e il giudizio storico
All’epoca della sua realizzazione, l’Unité d’Habitation suscitò reazioni contrastanti: da un lato vi fu chi lodò il progetto per il design lungimirante e l’inventiva architettonica, dall’altro, qualcuno la giudicò grezza e alienante, soprattuttoa causa delle enormi dimensioni (il soprannome La Maison du Fada, “la casa del matto” nel dialetto locale, fu coniato dai detrattori di Le Corbusier per schernire l’edificio, sostenendo che i suoi abitanti sarebbero presto impazziti). In seguito molti la considerarono il prototipo di un’edilizia popolare ghettizzante e caratterizzata da bassi standard abitativi e architettonici. In realtà, a dispetto dei giudizi più negativi, l’Unité di Marsiglia si è dimostrata un progetto decisamente di successo. Come immaginato da Le Corbusier infatti, subito dopo che l’edificio fu terminato e popolato, nel 1952, i suoi abitanti formarono una vera e propria comunità e nel 1953 venne fondata un’associazione dei residenti, che esiste tutt’ora. Oggi la maggior parte degli abitanti si dichiara soddisfatta degli alloggi e dei servizi dell’edificio e, nonostante sia stata costruita in economia oltre settant’anni fa, in un’area relativamente periferica, l’Unité è ancora adesso popolare tra i marsigliesi e il prezzo medio di un appartamento supera i 4.000 euro a metro quadrato.
Gli interni e la terrazza di un appartamento “tipo G”, di 140 metri quadri, nel 2018; foto di Architecture de Collection.
Visitare l’Unité d’Habitation
L’Unité d’Habitation di Marsiglia si trova nel quartiere di Sainte-Anne, nell’ottavo arrondissement, e si può raggiungere tramite le linee M1 e M2 della metropolitana leggera cittadina, fermata “Castellane”, o con il bus B1, fermata “Le Corbusier”.
Anche se l’edificio è regolarmente abitato alcune sue parti sono aperte al pubblico. Le visite sono gestite dalla Association des Habitants de l’UH Le Corbusier Marseille e permettono di accedere a varie parti comuni – tra cui la hall d’ingresso, i corridoi al 3° e 4° piano e i negozi che vi si affacciano, la biblioteca, il giardino d’inverno e il tetto-terrazza – e due appartamenti, uno dei quali è ancora arredato con i mobili originali mentre l’altro è dedicato a mostre temporanee di arte e design. L’edificio contiene anche la galleria d’ arte contemporanea MAMO al livello terrazza, un albergo e il ristorante “Le Ventre de l’Architecte”.
Una delle scale comuni e un corridorio di distribuzione; foto Wojtek Gurak (CC BY-NC 2.0).
Unité d’Habitation di Marsiglia, viste interne di uno degli appartamenti visitabili realizzate durante la mostra “ECAL Appartement 50” del 2015; foto di Michel Bonvin , courtesy Scuola Cantonale d’Arte di Losanna.
La facciata sud; foto Wojtek Gurak.
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