Site icon Inexhibit

Museo Ebraico e sinagoghe del Ghetto, Venezia

  • Jewish Ghetto of Venice, panorama at night

    Situato nel cuore del Ghetto, il Museo Ebraico di Venezia è dedicato alla storia e alla cultura degli ebrei veneziani, dal medioevo ad oggi.
    Il Museo Ebraico è più di un semplice museo, è anche un complesso architettonico dove è possibile visitare alcuni dei luoghi più significativi che hanno caratterizzato la lunga storia degli ebrei veneziani.

    In copertina: vista notturna del Ghetto di Venezia, l’ingresso del Museo Ebraico si trova sulla destra dell’immagine. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit

    Gli ebrei veneziani e il Ghetto
    Ghetto è un termine che da secoli identifica l’area, non lontana dalla stazione ferroviaria di Santa Lucia, in cui gli Ebrei della città vissero segregati dal XVI a tutto il XVIII secolo; il toponimo nasce da una fonderia, getto in dialetto veneziano antico, che sorgeva in precedenza nel quartiere.
    La comunità ebraica di Venezia, che conta oggi circa 500 membri, a metà del Seicento raggiunse una popolazione di oltre 4500 persone. All’epoca, la comunità era composta da quattro Nazioni – Tedesca, Italiana, Levantina e Ponentina – ognuna con le sue specifiche tradizioni, sotto-dialetti, modi di vestire, piatti tipici e rituali. Ogni Nazione ebraica si costruì una propria sinagoga, detta Schola (i Tedeschi, che gestivano banchi di pegno e costituivano il gruppo etnico ebraico più benestante a Venezia insieme a quella dei mercanti levantini, ne costruirono due) praticando la sua propria variante del rito aschenazita o sefardita.
    Due sinagoghe, la Schola  GrandeTedesca e la Schola Canton sono state incorporate nel percorso del museo e aperte alle visite.

    Dal primo Medioevo al Sedicesimo secolo agli Ebrei era permesso di vivere in qualunque parte di Venezia; molti di loro erano immigrati nella ‘relativamente tollerante’ Repubblica di Venezia provenienti dalla Spagna, dall’Europa orientale, dalla Germania e dal Medio Oriente, fuggendo da persecuzioni e conversioni forzate.
    La situazione cominciò a cambiare in peggio agli inizi del Cinquecento, sia per la crescente ostilità del clero cattolico verso gli Ebrei, sia a causa della crisi che seguì alla sconfitta della Serenissima nella battaglia di Agnadello (1509), che impoverì la popolazione veneziana e fomentò lo scontro sociale.
    Il risultato fu che, nel 1516, venne ordinato a tutti gli Ebrei residenti in città di trasferirsi in un’area recintata, il Ghetto Novo, di indossare segni di riconoscimento (in genere un copricapo giallo), pagare pesanti gabelle e astenersi da qualunque mestiere che non fosse quello di prestatore di denaro, rigattiere o medico.
    La segregazione ebraica a Venezia durò per quasi trecento anni, fino a quando Napoleone non ordinò la distruzione dei cancelli del ghetto, nel luglio 1797.

    Nonostante la libertà ritrovata, la popolazione ebraica di Venezia si ridusse costantemente nel corso del XIX e XX secolo, principalmente perché molti ebrei veneziani si trasferirono in altre regioni del neonato Regno d’Italia e, dopo le persecuzioni fasciste e la Shoah (circa 200 ebrei veneziani morirono nei campi di sterminio nazisti tra il 1943 e il 1945), emigrarono verso Israele e gli Stati Uniti.

    Un’altra immagine di Campo del Ghetto Nuovo. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit.

    Il Museo Ebraico e le sinagoghe del Ghetto
    La visita al Museo Ebraico di Venezia inizia dalla Schola Grande Tedesca, che si raggiunge dal secondo piano del complesso museale. Sinagoga di rito aschenazita, costruita nel 1528 e riccamente decorata in epoca barocca, la Schola Tedesca è una grande sala di forma irregolare sormontata da un matroneo ellittico. Lo Aròn Ha Qòdesh (Arca della Torah) è collocata in posizione opposta rispetto al bimah (pulpito); questa disposizione inusuale (all’epoca il pulpito era collocato solitamente in posizione centrale) fu probabilmente scelta per ridurre il carico sul fragile solaio di pavimento della sala.

    La Schola Grande Tedesca a Venezia, viste dell’interno. La sinagoga contiene anche un magnifico Aròn Ha Qòdesh (Arca della Torah) settecentesco in legno intagliato e dorato. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit.

    La visita continua attraversando la mostra permanente del museo che comprende quattro sale.
    La prima sala è dedicata alla festività ebraiche ed espone una ricca collezione di oggetti rituali, tra cui quattro bellissime corone della Torah (‘ataròth) settecentesche in argento sbalzato.
    La seconda sala espone vari oggetti antichi in tessuto, tra cui notevoli mantelli per Torah e parochet (veli per la copertura dell’Aron) di epoca settecentesca.
    La sezione centrale della mostra permanente presenta la storia della comunità ebraica veneziana e delle sue quattro Nazioni, insieme all’evoluzione del Ghetto.
    L’ultima sala espositiva è dedicata a due dei momenti chiave della vita degli ebrei, la cerimonia della circoncisione (Brit milah) e il matrimonio, con vari oggetti in mostra compreso un antico chuppah, il baldacchino rituale utilizzato nei matrimoni ebraici.

    La sala dedicata alle festività ebraiche espone quattro corone della Torah in argento risalenti al diciottesimo secolo e vari oggetti rituali. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit.

    La seconda sala contiene paramenti e tessuti rituali ebraici. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit.

    All’interno della mostra permanente, un’installazione ricorda le vittime della Shoah e delle persecuzioni razziali fasciste; circa duecento ebrei veneziani furono uccisi nei campi di sterminio nazisti tra il 1943 e il 1945. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit.

    Un’immagine della sezione dedicata alla storia della comunità ebraica veneziana e oggetti relativi al Brit Milah (cerimonia della circoncisione).  Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit.

    La visita al Museo Ebraico termina con la Schola Canton, la seconda sinagoga di rito aschenazita del Ghetto, costruita nel Cinquecento e raggiungibile dall’ultimo piano del museo.
    La sinagoga è ospitata in una sala rettangolare decorata con arredi, colonne tortili e pannelli scolpiti in legno dorato. Come nella Schola Grande Tedesca, anche qui l’Aron fronteggia la bimah. Un’altra particolarità della Schola Canton sono i suoi otto pannelli dipinti raffiguranti scene di paesaggio che richiamano altrettanti episodi biblici tratti dal Libro dell’Esodo.
    Il matroneo è collocato su un lato della sala ed è preceduto da una sukkah permanente realizzata a metà del Diciannovesimo secolo (la sukkah è una capanna temporanea che gli Ebrei erigono durante la festa di Sukkot per celebrare la Fuga dall’Egitto e l’esodo verso la Terra Promessa/Eretz Yisrael).

    Il Museo Ebraico di Venezia ospita anche un bel bookshop, manca invece una caffetteria; nel Ghetto è comunque possibile trovare due ristoranti e una panetteria kosher.

    Bimah e Aròn Ha Qòdesh nella Schola Canton. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit.

    La “stanza della sukkah”, realizzata nel 1858, all’interno della Schola Canton. Foto © Riccardo Bianchini / Inexhibit.

    Exit mobile version